Recensione disco: Slash’s Snakepit It’s five o’clock Somewhere …

28 Ottobre 2015 0 di roberto.civinelli

[Per inaugurare questa sezione “Articoli, Didattica,cultura” di questo sito, pubblico un vecchio articolo scritto molti anni fa per una fanzine universitaria.]


Sono stato un po’ combattuto se recensire questo disco o il pluripremiato pluririconosciuto, pluritutttoquellochevipare disco d’esordio dei Guns and Roses “Appetite for Destruction”. Alla fine la logica mi ha fatto pensare che sarebbe stato inutile parlare di un disco che presochè tutti conoscono (se qualcuno nella sua vita non ha mai sentito “Sweet Child O’Mine” posso solo pensare che sia sordo), almeno per sentito dire, mentre la missione di far conoscere musica che merita anche se fuori moda, di far conoscere il Bello (“non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace a me”) mi ha sempre affascinato.
Arrivando al dunque … l’ormai lontano 1995 e il music business era nel pieno dell’ondata grunge.In Italia il tramonto dell’AOR ad opera dei gungettari grattugia chitarre c’era sicuramente stato, ma con una parabola diversa da quellla americana: oltreoceano appena uscì “Nevermind” dei Nirvana tutto il rock/hard/glam/AOR/FM etc che si sentiva per radio scomparve quasi da un giorno all’altro, qui da noi, il delirio collettivo per i Guns and Roses continuò per un altro paio di anni.
Sta di fatto che nel 1995 a due anni dal loro concerto a Modena e da “the Spaghetti Incident”  Axl e soci cominciavano ad essere una cosa del passato, o perlomeno per aficionados.
In questo contesto esce questo primo disco solista del chitarrista ricciolone con questo gruppo chiamato qui “Slash’s Snakepit” (sfido qualunque buon romagnolo a pronunciare questo nome senza farsi riconoscere per la fantomatica “SSSS” di Romagna).
Tre quinti della band proviene dai Guns (Slash, Gilby Clarke chitarra ritmica, Matt Sorum batteria) e la cosa ha dato molto fiato alle bocche di chi doveva scrivere la sceneggiatura della Telenovela “GnR”: si sciolgono, non si sciolgono, quanti se ne porta via uno quanti un altro, Duff si è alzato dal letto e si è storto una caviglia, cosa succederà ora).
Ma quando è la musica a parlare ed i watt si fanno sentire che si può dire?
Che l’album non ha venduto troppo e che chiaramente buona parte del successo che comunque ha avuto (è diventato disco di platino in tutti i paesi dove è stato esportato e si è piazzato n.70 nella classifica annuale di Billboard) lo deve sicuramente allo sfruttamento dell’onda lunga del successo GnR.
Ma la musica c’è ed è di qualità.
Slash è un chitarrista che non passa inosservato e nemmeno inascoltato.
Il personaggio buca lo schermo in qualsiasi video passato da MTV ed il chitarrista ha un suono, un tocco ed un tipo di fraseggio che lo rendono subito riconoscibile a chi abbia un minimo di orecchio musicale.In una decade dove i virtuosismi si sprecavano lui riportò in auge sonorità tipicamente anni ’70, dimostrò come, spesso, un buon bending (tecnica usata con maestria notevole), possa essere molto + musicale di smitragliate di note.
Ed il tutto si ritrova qui, dentro questo disco che ci mostra uno Slash nella sua dimensione + naturale, quella dello street rock duro e senza tanti fronzoli, venato molto spesso di blues, almeno nelle intenzioni (non scalpitino i puristi del blues).
“Neither can I”, pezzo apripista è infatti un bel 12/8 che inizia con una acustica che presto viene accompagnata da un assolo di armonica.Un assolo semidistorto con una bella gestione delle frasi “tirate avanti” e “indietro” conferisce appunto una intenzione blues che si può ritrovare anche nella Power Ballad “Beggars and Hangers on”, il cui video venne battuto spesso su Videomusic all’epoca.
Riff + intricati scandiscono le successive “Good to be Alive” e “What do you wanna be”, due pezzi decisamente street rock dove la voce di Eric Dover fa rimpiangere poco quella di Axl (ok, il biondo dell’Indiana è + bello):graffiante e roca si sposa perfettamente con l’atmosfera dei pezzi.
“Monkey Chow”, scritta dal solo Clarke, replica l’assalto delle canzoni precedenti.
Il secondo lato viene aperto da uno strumentale: “Jizz da Pit” altro non è che un unico Riff (che sa mooolto di Boogie), che una volta esposto una sola volta, lascia la strada ad un bello e lungo assolo di chitarra che ci accompagna fino alla fine.
“Take it Away” e “Doin’ fine” sono due pezzi i cui riff intricati sono marchio di fabbrica del Nostro. La seconda song si fa riconoscere anche per i testi essendo l’unica party song del disco, con un testo che ricorda quelli del Glam Metal anni ’80.
Alcuni episodi sono chiaramente inferiore a questi,ma non riescono ad oscurare, a mio parere, il resto del disco.
Da segnalare le ultime due canzoni:
“I Hate Everybody But you” è ciò che più si avvicina, in questo disco, ad una canzone d’amore ed il suo inserimento qui in questo disco sottolinea con sarcasmo il rifiuto di scrivere ballads mielose e confezionate solo per la radio e le soap operas.
“Back and Forth Again” che si apre con una chitarra acustica, sottolinea la poliedricità del Nostro come songwriter (Slash ha ascoltato tantissimo anche cantautori come Cat Stevens). Una bella gestione degli strumenti, fra organo Hammond, Mandolini in lontananza ed un bellissimo assolo, sentito e lirico chiudono il disco.
Conclusioni? Se l’onestà e la schiettezza di un progetto non basta a farlo piacere a tutti bisogna dire che questo è un disco che verrà certamente apprezzato dagli aficionados dello street rock alla “Appetite for Destruction” e da tutti quelli che apprezzano il chitarrista che qui si mostra non solo con assoli omnipresenti,ma anche mostrando di aver capito bene cosa sia la RIFFologia. C’è ancora da imparare …

Da notare che se la musica di questo disco contrasta fortemente con il grunge che andava forte all’epoca, i testi perniati di nichilismo, droga, disperazione (con lunica eccezione si diceva di “Doin’ FIne”) sono perfettamente in linea con la grunge philosophy che aveva spazzato via l’argomento Moto/birra/sesso/ragazzedalletettegrosse tipico del decennio precedente. Un modo di essere, forse, alternativi all’alternative qualche anno prima che un certo buon rock and roll si prendesse sane rivincite con i tour trionfali dei Kiss e del carrozzone Glam guidato dai Poison (questa è però un altra storia).